E’ un momento di discontinuità
rispetto ai ritmi quotidiani consolidati durante l'anno.
E’ un periodo che esula dalla routine
a cui siamo abituati e, se da un lato inizialmente può disorientare,
dall’altro rimane una condizione necessaria per risvegliare la
creatività e il gioco spontaneo.
E’ un’esperienza di collettività,
di condivisione, di confronto e collaborazione.
E’ uno spazio di relazione, capace di
accogliere, riconoscere e sostenere le attitudini e le inclinazioni
naturali di tutti i bambini.
E’ un ambiente naturale ricco di stimoli da cui le attività nascono spontanee. Permette ai bambini di essere parte attiva nello sviluppo delle loro curiosità, di assecondare le loro preferenze e misurare le loro capacità.
E’ un ambiente naturale ricco di stimoli da cui le attività nascono spontanee. Permette ai bambini di essere parte attiva nello sviluppo delle loro curiosità, di assecondare le loro preferenze e misurare le loro capacità.
L’esperienza estiva è anche un
importante progetto di cooperazione che richiede la partecipazione di
tutti. Svolgere le mansioni di gestione della mensa o di pulizia
ordinaria, proietta i bambini in una dimensione di presa d’incarico
e responsabilità.
Ognuno all’interno del proprio gruppo
trova occasione per sperimentare così, dinamiche di complicità, di
mediazione, di negoziazione, di ruolo e di conflitto.
E’ socialità, è un contenitore di
regole condivise, di impegni presi e parole date, di diritti e di
doveri, di obblighi e di libertà, è un’esperienza di cittadinanza
democratica.
IL MODELLO
Il modello educativo preso a
riferimento è l'attivismo pedagogico.
Nasce verso la fine del XIX secolo e
trova sviluppo per merito di personalità importanti negli ambienti
della pedagogia, tra cui, lo statunitense Jhon Dewey, e il francese
Celestin Freinet. L’attivismo è un paradigma che mette il bambino
al centro del processo educativo, abbandona la concezione
gentiliana-disciplinare che lo vede come “tabula rasa”, solo come
un contenitore da riempire, e lo investe del ruolo di protagonista
del proprio apprendimento. Gli vengono riconosciute le attitudini che
lo rendono unico e le capacità che lo rendono autonomo. Il bambino
possiede delle competenze che crescono con lui.
IL METODO
Si declina in modo naturale dal modello
attivista, il metodo induttivo, maieutico che accompagna i bambini
all'osservazione, all'ascolto, alla riflessione e alla ricerca; li
invita a cogliere i dettagli come parti fondamentali per comprendere
l'insieme, li invita a raccogliere ogni piccola esperienza, come un
frammento importante da conservare nel proprio bagaglio personale.
LA STRATEGIA EDUCATIVA
Le strategie educative adottate sono
molteplici.
Il lavoro cooperativo di Freinet è
prevalente in tutte le attività gestionali-organizzative del campus
mentre le attività ludico-ricreative sono proposte seguendo le linee
guida del “learning by doing” di Dewey e dell’apprendimento
“per scoperta” di Bruner (cognitivista).
Il lavoro cooperativo è la metodologia
impiegata per le attività finalizzate ad un risultato stabilito. La
preparazione della tavola, il riordino, il lavaggio piatti…i
bambini coinvolti lavorano in piccoli gruppi, solitamente di tre. Al
gruppo, formato per libera scelta tra i bambini, viene richiesto, in
prima istanza, di organizzarsi autonomamente, definire i ruoli di
ciascuno, le turnazioni se necessario, la risoluzione di eventuali
conflitti o incomprensioni. Gli educatori si pongono a sostegno nel
ruolo di mediatori.
L’apprendimento “per scoperta” e
il “learning by doing”, sono gli approcci educativi più
funzionali per sostenere la creatività e la libera espressione dei
bambini. Gli educatori invitano i bambini ad esplorare, a curiosare,
a prendersi il giusto tempo per ambientarsi, nell’attesa che nasca
spontaneo un desiderio che li spinga verso un’attività propria.
La location è fondamentale perché questa metodologia possa
risultare efficace. Un’ambiente ricco di stimoli attira
l'attenzione dei bambini agevola il loro coinvolgimento e l’insorgere
dell’idea, dell’insight, dell’atto creativo. Il ruolo degli
educatori è quello di riconoscere il valore delle intuizioni e dei
desideri dei bambini. Aiutarli a portare a termine il loro progetto e
fornire loro tutto il necessario a disposizione per essere più
autonomi possibile. Porsi successivamente in disparte assumendo il
ruolo di supervisori.
LE ATTIVITA’
Per non lasciare i bambini in uno stato
di libertà, a volte troppo ampio per le loro abitudini, ma con
l’intenzione di non costringerli in percorsi preconfezionati, gli
educatori organizzano attività ludiche a partecipazione facoltativa.
Tra questi troviamo i laboratori della cucina, dove prepariamo la
pasta fresca, gli gnocchi e la pizza e i laboratori di costruzione
durante i quali allestiamo le capanne, impariamo a fare i nodi e le
legature.
A sostenere, invece, tutte le attività
creative che i bambini intraprendono autonomamente, viene allestito
il setting di supporto. E’ uno spazio, un atelier, fornito di
strumenti e materiali che possono servire alla realizzazione dei loro
progetti personali. Forniamo loro anche un metodo, una procedura, che
li aiuti a pianificare, a suddividere in fasi di realizzazione il
loro lavoro e che li ponga in una condizione di massima autonomia.
Solitamente ci si rifà agli insegnamenti di Bruno Munari e Loris
Malaguzzi (Reggio children).
Le attività gestionali-organizzative
non sono facoltative. I bambini suddivisi in piccoli gruppi turnano
sui servizi da cui dipende la vita del campus: apparecchiare,
sparecchiare, aiutare in cucina, lavare i piatti e pulire i bagni. E’
la partecipazione attiva al progetto, la responsabilità verso il
bene comune da cui non ci può esimere. La condivisione e la
cooperazione sono dimensioni naturali di una convivenza democratica.
TATTICHE EDUCATIVE
Le tattiche educative sono azioni che
mettiamo in atto solo in caso di necessità, lo scoppio di una lite o
di un conflitto, una manifestazione di ansia e di nostalgia, o per
dinamiche comportamentali che violano il regolamento.
Qualche lite può succedere, è parte
della quotidianità. Ci piace molto l’approccio suggerito da
Daniele Novara, il conflitto è una buona occasione per conoscere sé
e gli altri, i propri confini e quelli altrui. Un‘occasione per
cambiare sguardo, prospettiva, per essere creativi. Come mediatori
non ci schieriamo, invitiamo i bambini a prendersi il tempo
necessario per cercare una soluzione che possa risolvere la contesa
in modo soddisfacente per tutti.
Accogliamo le forme di ansia o di
nostalgia come manifestazioni di una sofferenza importante, non
cerchiamo di sminuire o trascurare lo stato d’animo dei bambini. A
volte sono momenti passeggeri, dopo un’incomprensione con un amico
o durante un momento di noia, a volte invece, rivelano un bisogno più
profondo. In quest’ultimo caso, solitamente, usiamo affrontare la
situazione in connessione con i genitori.
Le regole sono il tema del primo giorno
di campus. Formati i gruppi viene chiesto ad ognuno di pensare,
scrivere e condividere le regole che, secondo loro, servono per
vivere bene insieme. Vengono poi discusse alla presenza di tutti.. Vi
sono regole per la gestione e l'organizzazione del campus e regole
per la sicurezza e la tutela dei bambini. Se la regola violata è
gestionale-organizzativa (ex: chi doveva apparecchiare non si è
presentato) la si ridiscute all’interno del piccolo gruppo di
appartenenza o tutti insieme. Se invece riguarda la sicurezza (ex: si
è allontanato senza preavviso) allora saranno gli educatori che
prenderanno i provvedimenti necessari a seconda della situazione.
PERCHE’ QUESTO MODELLO E NON UN
ALTRO?
Guardando al futuro, il paradigma
attivista è per noi un modello rassicurante. Il bambino di oggi vive
in una realtà senza filtri, non c’è più differenza tra
palcoscenico e retroscena, tutto è esposto. Ciò che prima veniva
nascosto, in attesa dell’età “giusta”, ora è a disposizione,
in qualunque momento e senza controllo. In questo panorama, che da
tempo è la normalità, secondo noi, il bambino come “tabula rasa”,
come contenitore da riempire, passivo di fronte a ciò che intorno
quotidianamente disegna la sua personalità, è un bambino in
“pericolo”, un potenziale “naufrago”. Il modello attivista ci
rassicura perché ci presenta un bambino capace di essere critico,
curioso, protagonista, pieno di risorse, capace di raggiungere i
propri obiettivi e di realizzare i propri progetti. A noi adulti il
compito di sostenere queste sue potenzialità, di creare occasioni e
costruire percorsi che gli permettano di imparare a discriminare, a
selezionare e a scegliere. A noi adulti è il compito di condurlo, e
nello stesso tempo di andare con lui per non perdere occasione di
mostragli come si possa diventare bravi “naviganti”.